«Ti amerò per sempre» queste furono le ultime parole che il soldato Olindo disse ad Ada nel campo di lavoro di Manchester, prima di essere rimpatriato in Italia.
Prima di fronteggiare la miseria di ciò che restava della sua casa e della sua famiglia dopo gli eventi bellici. Prima di doversi rimboccare le maniche e lavorare sull'asfalto rovente della futura autostrada del Sole. Prima di dimenticare del tutto il suo amore inglese.
Il romanzo narra la storia vera di Olindo Pavan, nonno dell’autrice, che, durante la seconda guerra mondiale, ha lavorato come prigioniero di guerra in una cascina della campagna inglese. E’ qui che conosce Ada e se ne innamora, ricambiato.
Ma la Storia ha già deciso per loro, e i due dovranno separarsi quando Olindo viene rimpatriato.
Il romanzo inizia cinquant’anni dopo, quando Ada, dopo molti dubbi e ripensamenti, scrive una lettera ad Olindo. Spetta proprio a Irene Pavan il compito di fare da traduttrice tra i due, e scopre così la storia d’amore che il nonno non ha mai raccontato.
Ada ha pensato ad Olindo per cinquant’anni!
Entrambi per forza di cose si erano fatti una vita, si erano sposati, avevano avuto figli e nipoti, ma non avevano mai dimenticato il loro amore oltremare.
I prigionieri italiani in Inghilterra al loro rientro in Patria tra i tanti problemi si sono trovati anche la fregatura causata dalla svalutazione della lira e del cambio fasullo con cui lo stato italiano ha liquidato quanto doveva.
Al momento del congedo definitivo ai reduci non fu riconosciuta una parte dei crediti maturati durante la prigionia in Gran Bretagna. Il trattato di pace firmato dall’Italia prevedeva infatti la rinuncia da parte italiana a far valere contro le potenze alleate qualsiasi ragione. Toccò quindi allo stato italiano il compito di risarcire i propri soldati. Il governo italiano, a corto di denaro, decise di applicare ai risparmi in valuta estera il vecchio cambio defraudando i reduci di circa 328 lire per ogni sterlina riportata dalla prigionia. La differenza del cambio rimase nelle tasche del governo italiano.
Altra bella lezione la Pavan ce l’ha da proprio scrivendo la storia di suo nonno: da ogni pagina trasuda quella gratitudine che lei e la sua famiglia devono aver provato dopo aver capito quanto sia costato ad Olindo rimanere a Torre di Mosto (VE), pur avendo il pensiero che volava sempre oltremanica; lo ha fatto per senso del dovere e per aiutare la sua famiglia che, dopo otto anni di lontananza, ha trovato letteralmente alla fame.
Questo romanzo è da leggere anche per non dimenticare mai che noi, nello scacchiere internazionale, valiamo poco, e questa reputazione vien bene sottolineata nel libro, soprattutto quando gli inglesi parlano degli italiani in generale. La cosa non sarebbe grave se a farne le spese non fossero sempre gli umili come Ada ed Olindo, che non sono più riusciti a vedersi in vita: pensate solo che se delle ragazze inglesi avevano dei figli da prigionieri italiani, una volta rimpatriati, non potevano raggiungerli, pena la rinuncia alla cittadinanza britannica.
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