Sono parole molto gradite al Papa, tanto da osservare: “Avete scelto un motto molto bello per questo Congresso: persona e lavoro sono due parole che possono e devono stare insieme”. Papa Francesco ha ricevuto i Sindacalisti Lavoratori presso l’Aula Paolo VI, prima dell’Udienza Generale.
Nel suo discorso ai presenti il Pontefice sottolinea: “Se pensiamo e diciamo il lavoro senza la persona, il lavoro finisce per diventare qualcosa di disumano, che dimenticando le persone dimentica e smarrisce sé stesso. Ma se pensiamo la persona senza lavoro, diciamo qualcosa di parziale, di incompleto, perché la persona si realizza in pienezza quando diventa lavoratore, lavoratrice; perché l’individuo diventa persona quando si apre agli altri, alla vita sociale, quando fiorisce nel lavoro”.
Per il Papa argentino il lavoro è “una forma di amore civile: non è un amore romantico né sempre intenzionale, ma è un amore vero, autentico, che ci fa vivere e porta avanti il mondo”.
Francesco denuncia poi le varie situazioni che pesano nella società italiana odierna: “E quando non sempre e non a tutti è riconosciuto il diritto a una giusta pensione – giusta perché né troppo povera né troppo ricca: le pensioni d’oro sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni. O quando un lavoratore si ammala e viene scartato anche dal mondo del lavoro in nome dell’efficienza – e invece se una persona malata riesce, nei suoi limiti, ancora a lavorare, il lavoro svolge anche una funzione terapeutica: a volte si guarisce lavorando con gli altri, insieme agli altri, per gli altri”.
Per Papa Francesco una società che agisce in questo modo è “una società stolta e miope”: costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti. E qui l’invito forte del Papa: “È allora urgente un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto- dovere di lavorare. Il dono del lavoro è il primo dono dei padri e delle madri ai figli e alle figlie, è il primo patrimonio di una società. È la prima dote con cui li aiutiamo a spiccare il loro volo libero della vita adulta”.
Per raggiungere questi obiettivi il Papa propone due sfide che oggi il movimento sindacale deve affrontare e vincere se vuole “continuare a svolgere il suo ruolo essenziale per il bene comune”. Profezia e innovazione.
Riguardo la prima commenta il Papa argentino: “Il sindacato è espressione del profilo profetico della società. Il sindacato nasce e rinasce tutte le volte che, come i profeti biblici, dà voce a chi non ce l’ha, denuncia il povero. Ma nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile. E invece, se manca questa tipica e diversa dimensione, anche l’azione dentro le imprese perde forza ed efficacia”.
Innovazione. Osserva Papa Francesco: “I profeti sono delle sentinelle, che vigilano nel loro posto di vedetta. Anche il sindacato deve vigilare sulle mura della città del lavoro, come sentinella che guarda e protegge chi è dentro la città del lavoro, ma che guarda e protegge anche chi è fuori delle mura. Il sindacato non svolge la sua funzione essenziale di innovazione sociale se vigila soltanto su coloro che sono dentro, se protegge solo i diritti di chi lavora già o è in pensione. Questo va fatto, ma è metà del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche proteggere chi i diritti non li ha ancora, gli esclusi dal lavoro che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia”.
Aggiunge Francesco: "Pensiamo al 40% dei giovani da 25 anni in giù, che non hanno lavoro. Qui. In Italia. E voi dovete lottare lì! Sono periferie esistenziali. Non lo vede lottare tra gli immigrati, i poveri, che sono sotto le mura della città; oppure non lo capisce semplicemente perché a volte – ma succede in ogni famiglia – la corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti. Non lasciatevi bloccare da questo".
Inoltre il pensiero del Pontefice va alle donne: "Nel mondo del lavoro la donna è ancora di seconda classe. Voi potreste dire: “No, ma c’è quell’imprenditrice, quell’altra...”. Sì, ma la donna guadagna di meno, è più facilmente sfruttata... Fate qualcosa. Vi incoraggio a continuare
e, se possibile, a fare di più".
Conclude Francesco il suo discorso ai sindacalisti italiani: “Non c’è una buona società senza un buon sindacato, e non c’è un sindacato buono che non rinasca ogni giorno nelle periferie, che non trasformi le pietre scartate dell’economia in pietre angolari. Sindacato è una bella parola che proviene dal greco syn-dike, cioè “giustizia insieme”. Non c’è giustizia insieme se non è insieme agli esclusi”.
(di Veronica Giacometti pubblicato su acistampa.it)