Detto questo la crescente popolarità dei grani d’annata non è solo una moda alimentare né, come qualcuno sostiene, una trovata di marketing.
Le varietà tradizionali e quelle cosiddette moderne nate una sessantina di anni fa, come il Creso (con cui si produce la maggior parte della pasta italiana), sono diverse sia sotto il profilo nutrizionale sia sotto quello organolettico.
Una cosa è certa le vecchie varietà di grano, producono anche loro durante la fase dell’impasto il glutine, ma meno tenace e tossico e il nostro organismo reagisce diversamente.
Il pane e la pasta di farine tradizionali sono più facili da digerire di quelli moderni, sono quindi più indicati per gli obesi, per chi soffre di diabete, di malattie dismetaboliche è oncologiche, questo perché il glutine in eccesso produce un’infiammazione latente nell’organismo correlata dall’insorgere di varie patologie.
Tutto il profilo nutrizionale dei grani tradizionali è più ricco rispetto a quello dei grani moderni, sono chicchi con una maggiore quantità di sali minerali, vitamine, peptidi, polifenoli e altri composti con attività antiossidanti.
Ad esempio: il “farro monococco” vanta un’eccezionale ricchezza di proteine (19%), vitamine, carotenoidi e un elevato contenuto di zinco e ferro; il “farro dicocco” è ricco betaglucani (gomme che proteggono l’apparato digerente) e ha un basso indice glicemico; il raro “Graziella Ra” coltivato sulle colline di Pesaro e Urbino, utilizzato per la pasta dalla cooperativa Gino Girolomoni, abbonda di selenio; il grano tenero toscano “Verna” ha un’elevata digeribilità, un basso contenuto di glutine ed è ricco dì micronutrienti e antiossidanti. Speciali anche il grano duro “Senatore Cappelli” è le varietà antiche siciliane (Tumminia e Rossella).
I vecchi grani hanno anche una maggiore varietà organolettica rispetto a quelli moderni. Nella lavorazione del pane, con grani tradizionali, non dobbiamo aspettarci di ottenere un prodotto alto e soffice, ma l’aroma delle farine è molto più intenso e, grazie anche all’impiego del lievito madre, il pane, oltre ad avere un migliore gusto, si conserva per una settimana.
Quando circa sessanta anni fa si passò ad un modello agricolo mirato ad una maggiore resa, tramite l’ibridazione dei semi (in laboratorio furono incrociate varietà diverse) furono selezionate nuove varietà di grano, più basse nell’altezza con una maggiore resistenza alle intemperie e con una maggiore produttività. Queste varietà sono però più attaccabili dalle infestanti e hanno quindi più bisogno di trattamenti chimici, invece le varietà tradizionali (grazie al loro alto fusto) si difendono meglio dai parassiti in modo naturale e non richiedono trattamenti chimici.