C'è un modo di comunicare le notizie e di diffonderle che nella sua incompletezza o nella sua esasperazione è figlio di un cinismo che manca di rispetto a chi vive e lavora per costruire qualcosa di bello e di buono. E spesso chi ne è colpito, non ha voce e non può gridare o comunicare le proprie ragioni.
Lo scorso anno, l'International Agency for Research on Cancer, agenzia dell'Organizzazione mondiale della sanità, ha stabilito che il consumo di salumi, insaccati e, più in generale, di carne lavorata può provocare il cancro, una notizia che oltre a generare degli eccessivi e anche pericolosi allarmismi, ha finito per "fare di tutta l'erba un fascio". Innanzitutto, occorre precisare che il rapporto delI'ARC si riferisce alle carni trasformate "attraverso processi di salatura, polimerizzazione fermentazione, affumicatura, o sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione". In altre parole, si "spara nel mucchio" perché non si ha il coraggio di riferirsi ad una certa produzione industriale che si avvale di allevamenti intensivi oltre che di mangimi chimici e ormoni, che costituiscono un concreto fattore di rischio per la salute dell'uomo. C'è un altro aspetto che in pochi hanno tenuto in considerazione: il documento è stato condotto su scala globale e non considera i prodotti di qualità artigianale né i costumi alimentari. Va poi ricordato che questa notizia è stata comunicata proprio nell'anno in cui l'Unione Europea ha formalmente chiesto all'Italia di porre fine al divieto in materia di detenzione e di utilizzo di latte in polvere, concentrato e ricostruito per la produzione di prodotti caseari. Un'altra indicazione che sembra voler salvaguardare le grandi realtà industriali che agiscono in nome del profitto.
Nel nostro Paese gli artigiani del settore e i piccoli produttori agricoli, hanno produzioni non solo buone e di qualità, ma anche (se consumate in una corretta ed equilibrata alimentazione) che non fanno male. Siamo quindi chiamati ad uno sforzo di conoscenza per riconoscere l'importanza di un'alimentazione sana fatta di prodotti sostenibili e di qualità certificata.
Dopo l'accordo siglato il 1 settembre, si è tenuto nei giorni 27-28-29 ottobre 2016 il primo percorso del progetto ITINERARIUS, reso possibile grazie alla disponibilità di alcuni operatori del settore agroalimentare piacentino e all'impegno di Terranostra-Agriturismi Campagna Amica (Coldiretti) e della Federazione Italiana Tempo Libero (FITeL), ha avuto inizio il progetto ITINERARIUS. Durante queste giornate si è cercato di dare testimonianza diretta di come una concezione del lavoro, della persona e del rapporto con la natura incida sulla cura e sull'attenzione al prodotto, distinguendosi da una logica legata unicamente al profitto. Questo "percorso" ha coinvolto alcuni dei responsabili dei Circoli, CRAL, Dopolavoro, Associazioni, affiliate a FITeL, il tour tra le cose buone e belle del piacentino ha avuto inizio dall'Abbazia di Chiaravalle della Colomba e si è concluso a Bobbio presso l'Abbazia di San Colombano.
È infatti dall'esperienza del monachesimo che si diffondono nuove tecniche di conservazione degli alimenti (alcune erano già in uso in epoca etrusca e romana), rese necessarie dall'abbondanza di derrate presenti nei monasteri e che richiedevano di essere conservare nel tempo. I monaci nel loro peregrinare da un monastero all'altro diffondono i "saperi" acquisiti, come le tecniche di conservare le verdure in sale o aceto, oppure preparare formaggi con il latte in eccedenza, o creare marmellate di frutta, oppure trasformare i cereali e la frutta in bevande alcoliche, o ancora nel prepare gli insaccati per conservare le carni, sopratutto quelle del maiale. Il maiale produceva una derrata che doveva servire per un’intera annata. Accanto alle frattaglie, sangue e talune parti da utilizzare immediatamente, ve ne erano altre da conservare a lungo. Una conservazione più lunga era costituita dagli insaccati, il cui mantenimento era affidato a fermentazioni guidate da una serie di fattori e condizioni: alcuni di questi (sale, umidità, temperatura) erano molto efficaci, altri meno. Numerose sono le attestazioni iconografiche dell’uso padano di conservare il maiale sotto forma d’insaccati e la Pianura Padana, ha un’antichissima vocazione suinicola, che è stata intensificata dalla dominazione longobarda. In questa vasta area fin dai tempi molto antichi, si sono sviluppate alcune tecnologie di conservazione delle carni. Il maiale era inoltre una preziosa fonte di grasso. Esiste, infatti, una "carta geografica dei grassi culinari": nel Nord Italia dominano i grassi animali, mentre nell’Italia Centromeridionale dominano quasi incontrastati i grassi vegetali e soprattutto l’olio d’olivo.
Il piacentino è un territorio dove da sempre si producono salumi di altissima qualità. Più componenti concorrono a questo risultato: il territorio è infatti adagiato, da un lato, lungo le rive del fiume Po e, dall’altro, contornato dagli Appennini. Imponenti elementi naturali che creano quel microclima unico che concorre in modo esclusivo alla stagionatura dei salumi. Oggi la provincia di Piacenza è l'unica provincia in Italia e in Europa ad avere 3 salumi DOP (coppa, pancetta e salame) ed è un territorio ricco di tradizioni enogastronomiche da promuovere e da valorizzare.
Gli amici di FITeL che hanno partecipato a questo evento hanno avuto modo di conoscere l'arte norcina piacentina visitando il "Salumificio Carlo Peveri" a Chiaravalle della Colomba. Presso "Le Cantine di Corte" a Chiavenna Landi, prima di scendere nei particolari del progetto dello "shop online FITeL" realizzato in collaborazione con questa azienda che da 25 anni è specializzata nella distribuzione agroalimentare, si è tenuto un incontro con il dott. Renato Zurla (Già Dirigente medico geriatra nella Ausl di Piacenza, dal 2004 al 2012, è stato Docente presso la Scuola di specializzazione in Tossicologia medica presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Dal 1990 è volontario della Croce Rossa Italiana, ha ricoperto ruoli di Presidenza sia provinciale che regionale fino al 2008. Dal 2012 al 2014 è di nuovo Presidente del Comitato provinciale Cri. Ha ricoperto vari incarichi amministrativi, fra cui, negli anni Novanta, quello di Presidente della Provincia di Piacenza) autore del libro "Invecchiamento (istruzioni per l'uso)" un vademecum, un vero e proprio ‘portolano della salute’, da tenere sempre a portata di mano, per essere consultato in ogni momento della giornata, dagli anziani e non solo, perché a invecchiare bene si comincia da giovani, una guida che offre un concreto aiuto e sostegno all’invecchiare in maniera fisiologica, attraverso la scelta di uno stile di vita corretto. Si è poi avuto modo di degustare le specialità piacentine presso l'agriturismo "Casa Nuova" a Niviano. I rappresentanti FITeL hanno potuto toccare con mano l'ospitalità degli agriturismi piacentini presso: l'Urteia, Bosco Gerolo e appunto Casa Nuova, tutti nella zona di Rivergaro.
Non è mancata la visita ad una delle Cantine storiche del piacentino: la Cantina Romagnoli. La struttura dell’azienda, fondata nel 1857 e all’epoca di proprietà del Podestà di Morfasso, richiama quella delle classiche aziende agricole di metà ‘800, con fienile, stalla per l’allevamento bovino, silos per l’essicazione del mais, pozzo, etc., nel 1926 subentra alla proprietà la Famiglia Romagnoli. Nel 1978, con l’arrivo dell’enotecnico Restani e sotto la proprietà di Antonio Romagnoli, l’azienda inizia ad intraprendere la via della viticoltura specializzata. Dall’esperienza nata dai primi anni nasce il primo Metodo Classico per le Cantine Romagnoli ma anche per le colline piacentine. Dal 2012 Cantine Romagnoli è in gestione alle Famiglie Ferrari e Perini che hanno affidato la direzione a Luciana Biondo, tecnico piemontese, ponendosi l’obiettivo di dare nuovi impulsi nel rispetto della tradizione e della lunga storia aziendale. In Cantine Romagnoli la tradizione si fonde con l’utilizzo di tecniche all’avanguardia, ambienti a temperatura controllata per la spremitura delle uve e la fermentazione, per l’elaborazione del Metodo Classico, per l’affinamento in botti grandi in rovere di Slavonia, per la barricaia collocata a sette metri di profondità contenente fino a duecento barriques, per le grandi vasche termocondizionate in acciaio con capacità fino a otto mila quintali. Qui nascono alcuni dei migliori vini piacentini: gutturnio, ortrugo e malvasia.
Questo primo percorso ha sancito l'avvio del progetto ITINERARIUS suscitando grande interesse nei partecipanti (si ricorda che FITeL associa in Italia oltre un milione di soci), l'iniziativa è stata possibile grazie alla collaborazione di Terranostra Piacenza e alle aziende: Salumificio Carlo Peveri, Le Cantine di Corte, gli Agriturismi Casa Nuova, l'Urteia, Bosco Gerolo, le Cantine Romagnoli e all'ospitalità offerta da Carlo Pontini (presidente provinciale e regionale di Terranostra), a lui va il nostro primo ringraziamento. Importante poi ricordare la fiducia che la presidenza nazionale e quella regionale di FITeL hanno riposto in questa iniziativa proposta dal CRT FITeL Piacenza, un grazie a Giovanni Ciarlone (presidente FITeL nazionale) e a Angiolo Tavanti (presidente FITeL Emilia Romagna), un'altro particolare ringraziamento va agli amici di FITeL che hanno partecipato all'evento, grazie di cuore a tutti.